www.teatro.persinsala.it, 25 novembre 2015
Al Teatro Sant’Andrea di Pisa va in scena Piero della Francesca. Il punto e la luce. Luogo oltremodo appropriato per illustrare l’opera del Maestro e le vicissitudini che tutti gli artisti innovatori hanno dovuto affrontare, nell’arco dei secoli. Un accurato uso delle luci permette di seguire la prova attorale attraverso un leggero telo trasparente, che funge anche da supporto per la proiezione delle immagini relative alle attività artigianali del Quattrocento – proprie del borgo di Sansepolcro – e al succedersi degli avvenimenti nella vita del pittore intorno al 1444.
Azzeccata la scelta di spiegare le ricerche pittoriche del periodo (uso della tecnica a olio, primi studi sulla prospettiva, superamento del fondale in oro) attraverso la voce di un assistente di Piero, il giovane Paolo (interpretato da Gregorio Di Paola). Questi, con l’escamotage di renderne edotta la cognata del Maestro (una simpatica Barbara Petti), racconta tutte le fasi della realizzazione del Battesimo di Cristo e del Polittico della Misericordia. Soprattutto riguardo alla prima opera, si nota la perfetta consonanza delle immagini video con le spiegazioni e si intuisce la novità dell’opera di Piero, per quanto riguarda la resa del paesaggio naturale, la luminosità coloristica, la maggiore naturalezza delle fattezze umane e della gestualità, i primi tentativi di visione prospettica.
Al di là delle tecniche emergono, con semplicità, anche altri discorsi, quali l’uso dell’arte come affermazione sociale, la necessità o il rifiuto di aderire a canoni predefiniti che si accordino al gusto della committenza e popolare. Una visione statica, immutabile, del diktat pittorico si scontra con le spiegazioni rese con semplicità da Paolo che, con l’ausilio di una sedia che avvicina o allontana dall’occhio dello spettatore e da quello della cognata di Piero, dimostra come un oggetto non abbia sempre le stesse dimensioni, perché è proprio la posizione dell’osservatore che le determina. In questo senso, il dialogo tra i due giovani dimostra sia una naturalezza che ben si coniuga all’azione scenica, sia rimandi anche metaforici al ruolo che il mediatore culturale (insegnante, critico, accademico o storico) può avere nella spiegazione di metodi e innovazioni dell’arte che il grande pubblico, forse ignaro, non può apprezzare di primo acchito, senza un minimo di preparazione. Inoltre, la figura dell’assistente è da notare perché apre a un mondo che ai più è sconosciuto, ossia quello della bottega d’arte e del duro lavoro di preparazione della tavola, che era svolto da questi invisibili maestri.
Si procede di pari passo, tra immagini di conti mercantili e calcoli matematici per la determinazione della prospettiva, alla composizione del Polittico della Misericordia. Un continuo rimando tra i due mondi – dell’artista e del committente – che non è solo diatriba economica ma anche squarcio sui rapporti all’interno del borgo rinascimentale, diviso tra la nuova borghesia e le vecchie signorie, matrimoni concordati, rapporti stato/chiesa, e le condizioni di una classe artigianale che sta tentando la propria scalata sociale.
La musica, composta al pianoforte da Giovanni Di Giandomenico e, poi, modificata elettronicamente accompagna la proiezione delle immagini dei calcoli matematici necessari all’elaborazione del Polittico (che si vedrà concluso solo nel finale) e ben si sposa nella sua contemporaneità all’uso dei video (che, forse, dovrebbe essere ancora un po’ sfoltito).
Uno spettacolo che suscita curiosità e la voglia di sfogliare qualche libro d’arte. Un progetto sicuramente valido per gli studenti di medie e superiori, grazie alla sua capacità di rendere fruibile la conoscenza dell’evoluzione (anche rispetto ai dogmi religiosi e non) dell’arte pittorica tra Medioevo e Rinascimento.
Lun – Ven : 9:30 – 18:30